Con Enaip Lecco il futuro della riparazione è a Service Day
Con Enaip Lecco il futuro della riparazione è a Service Day

Con Enaip Lecco il futuro della riparazione è a Service Day

22/11/2024

Li incrociavi nei corridoi, poi li ritrovavi affacciati in qualche stand o in platea confusi tra i partecipanti ai workshop. Gli studenti Enaip sono stati i migliori testimonial di una manifestazione, Service Day, che aveva per titolo ‘Generazione post-vendita’. Sul pullman messo a disposizione da DOC, che con Enaip ha in corso una partnership proficua da anni, c’era anche Diego Crippa, docente e coordinatore del settore automotive Enaip Lecco.

Una vera gita d’istruzione…
Il direttore Enaip ha dato via libera e Rosario e Giampietro (Amato e Valerio, rispettivamente promoter DOC e responsabile di Distretto, nda) sono stati disponibilissimi anche per l’organizzazione logistica, parliamo pur sempre di minori che non possono spostarsi in autonomia.
L’idea della gita piace sempre, ma i ragazzi sapevano che non saremmo andati a visitare Verona. “Vi porto a Service Day per vedere, osservare, ascoltare”, avevo detto, invitandoli a partecipare ad almeno un seminario a loro scelta. Hanno deciso per ‘Carrozzeria evoluta’, con le testimonianze di La Vitola e Dainotto.

Come li ha selezionati?
Ho invitato i ragazzi che sono vicini alle scelte lavorative, quindi studenti del quarto anno e del corso IFTS di alta formazione, tutti con esperienze di stage nelle officine. Hanno accettato in 35, che vuol dire un’adesione del 90 per cento, altissima. Sono rimasti affascinati soprattutto dagli stand dove facevano wrapping, ma anche il dibattito li ha interessati.
Dei ‘miei’ la gran parte troverà un’occupazione nel settore, quello che ci vorrebbe è uno sforzo in più da parte di chi li accoglie – concessionarie e aziende di riparazione – per valorizzarli anche sul piano economico.

Anche lei è titolare di officina, Di&go a Cisano Bergamasco. Service Day le è piaciuto?
A livello tecnologico l’area expo non offriva moltissimo, ma dai seminari mi sono portato a casa un’affermazione che ho sentito diverse volte, e cioè che quello che più conta oggi è il rapporto che riesci a costruire con il cliente, l’accettazione, la fidelizzazione… non sono cose materiali ma la partita ce la giochiamo lì.

Ci dica della sua azienda, a cominciare dalla ragione sociale…
Un gioco di parole sul mio nome di battesimo, Diego, e la mia spinta ad andare, a fare. È una ditta individuale che l’anno prossimo compirà cento anni: fondata dal mio bisnonno Francesco, è passata ai tre figli Giuseppe, Franco e Giovanni, poi a mio papà Walter e ai suoi fratelli Osvaldo e Fausto e, dal 1999 a me, che all’epoca avevo 25 anni e sono tuttora titolare unico.
La sede è quella delle origini, totalmente ristrutturata nel 2010: sono circa 200 metri quadrati coperti, oltre a un piazzale di 500, in cui lavoriamo io e tre dipendenti, mio figlio Francesco tra questi (e siamo alla quinta generazione Crippa).

Per che offerta di servizi?
Tutti i servizi di meccatronica, ma gomme e revisioni le forniamo in appoggio, abbiamo preferito specializzarci sulla riparazione e non disperdere risorse. Quando l’ho presa in mano l’officina era all’avanguardia, ora con l’arrivo di Francesco il prossimo investimento sarà sui sistemi a guida assistita, diagnostica da remoto, elettrico…
Quando mi chiedono perché continuo a insegnare in Enaip, la risposta è la mia azienda: il mio dipendente più anziano ha 27 anni, gli altri due 20 e 19, punto sui giovani. I ragazzi imparano a utilizzare il gestionale quasi da subito, sono addestrati a fare l’accettazione, gestiscono la scheda cliente, ordinano i ricambi, tutto sotto la mia supervisione.

Com’è il giro di lavoro?
Siamo sui 20-30 ingressi al giorno, ingressi multimarca che rispecchiano il circolante, lo zoccolo duro sono le utilitarie. Post Covid abbiamo notato che la nostra filosofia, che in inglese si direbbe ‘car care’, paga: portare l’auto ad alti chilometraggi in questo tempo in cui i listini sono alle stelle, il nuovo costa, l’usato non si trova, è molto apprezzato. Scherzando dico che siamo una rsa, una casa di riposo: tenere in vita vetture molto vecchie richiede un metodo di lavoro più faticoso, se però riesci a rendicontare hai ancora margine.
Abbiamo riparato una Tucson con 500mila chilometri ma ci arriva anche la Mustang, la Ferrari… E impari a trattarle tutte nello stesso modo.
Con il cliente c’è relazione, empatia, fiducia. Oltre ai servizi canonici facciamo presa e riconsegna, siamo aperti il sabato mattina, e l’accettazione è molto elastica.

Come chiuderà il 2024?
L’anno era partito veramente bene, ora sto notando un rallentamento, soprattutto da parte del cliente con una ridotta capacità di spesa. La crescita è minore delle attese ma siamo comunque in crescita.

Senza essersi mai convenzionato?
Le flotte non le ho mai cercate e nemmeno volute. Non è una posizione pregiudiziale, perché qualunque convenzione che possa canalizzare è potenzialmente buona, ma finché mi è permesso di gestire il mio cliente e soprattutto il costo orario resto indipendente. Non marginiamo su ricambi o altro, anche se lo sconto aiuta, marginiamo sulla tariffa di manodopera.

A proposito di ricambi, il prezzo è una discriminante?
Ovviamente sì, ma ci sono altri fattori che incidono sulla scelta, primi tra gli altri la qualità e la reperibilità.
Parto sempre dal ricambio originale, a meno che il veicolo sia a fine vita, e se ci sono problemi di approvvigionamento ripiego sul non originale. Sul totale acquisti, siamo 50 e 50. 

Di&go è affiliato DOC della prima ora. Sempre soddisfatto del servizio?
È un rapporto di lunghissimissima data: ricordo che era stato l’allora magazziniere di Autocogliati, visto che compravo tanto, a chiamarmi e propormi di aderire.
La consegna è fondamentale, ma c’è molto altro: la relazione con i concessionari, la competenza dei magazzinieri, la disponibilità delle officine a dare assistenza quando serve. Sarà perché collaboro con Enaip e di alcuni meccanici di concessionaria sono stato tutor… Sto scherzando, però sono convinto che conti anche come ci si relaziona.
E poi c’è Rosario, un bravissimo promoter, un’istituzione. Ha qualità e difetti come tutti, ma la cosa più importante è che Rosario ci crede, veste la maglia. Pensi che io dovrei essere, territorialmente, sotto DOC Bergamo. Ma mi sono sempre trovato bene con tutti i fornitori, con gli uomini del consorzio e… andiamo avanti così.

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